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Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio

Inviato: ven nov 02, 2018 2:37 pm
da Carlo Riggi
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Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio, Pozzuoli 1992

Mimmo Jodice è forse l'autore che più di tutti mi ha influenzato, e continua a farlo.
Già esponente di spicco della fotografia sperimentalista italiana, si dedicò per un periodo al reportage, ottenendo foto di impatto elevatissimo, capaci di associare il puro valore documentario alla cifra artistica che sempre più ha affinato in seguito. Le sue visioni di “Eden” sono tra le più moderne ed enigmatiche che la fotografia abbia mai prodotto. Ma è forse per i suoi lavori sui “classici” che il Maestro verrà soprattutto ricordato. I reperti dell'arte antica riemergono nelle sue fotografie riappropriandosi di una nuova vitalità. Foto che, viste tutte insieme, possono apparire come cataloghi museali, rivelano un dialogo interiore profondo e prolungato tra i soggetti e l'autore che li ha immortalati, e poi con tutti noi, fruitori di quelle opere.
La foto che ho scelto, presa all'anfiteatro Flavio di Pozzuoli, è frutto di un artificio (Jodice non ha mai disdegnato di piegare le regole sulle proprie esigenze creative, pur rispettando rigorosamente la sintassi fotografica). L'autore, in visita in quell'ipogeo durante la preparazione del suo lavoro sul Mediterraneo, notando il fascio di luce proveniente dalla grata sul soffitto, decise di enfatizzarlo utilizzando il fumo di una sigaretta, accesa a bella posta. L'effetto è straordinario, ed è emblematico del rapporto che Jodice stabilisce con i suoi soggetti, siano essi animati o inanimati. Luoghi, persone e oggetti non sono congelati dalla fotocamera come memento per il futuro, o in quanto vestigia del passato, ma vengono interpellati come esseri attuali, stuzzicati, animati attraverso un incontro immaginario, divenuto poi reale. Quello che Jodice registra è un dialogo, che si avvia durante il lungo corteggiamento nella fase di scatto e prosegue poi in camera oscura.
Qui l'anfiteatro torna a vivere, e sembra di sentire le voci dei suoi abitanti, lo scalpiccio delle loro calzature, il respiro della folla. Jodice fa rivivere i morti - come Scianna ci insegna, da sempre una delle principali finalità della fotografia - , e lo fa con la curiosità di chi chiede con garbo, e si ferma il tempo necessario ad aspettare le risposte. Perdendosi a guardare.
Dice il Maestro: “Vorrei citare Fernando Pessoa: <<ma cosa stavo pensando prima di perdermi a guardare?>>. Questa frase sembra scritta per me e descrive bene il mio atteggiamento ricorrente: perdermi a guardare, immaginare, inseguire visioni fuori dalla realtà”.
 

Re: Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio

Inviato: ven nov 02, 2018 10:47 pm
da Maucas
Un autore che amo. Le sperimentazioni,con le sue "vera fotografia" coi tagli,le bruciature direttamente sulla carta stampata. I reportage sulla povertà di Ercolano,le sue vedute di Napoli...
Un amico scultore che ha avuto la fortuna di averlo come docente all'Accademia di belle arti di Napoli (pare sia stato il primo in Italia ad insegnare Fotografia in Accademia) dietro la mia curiosità di sapere se come persona fosse così calmo e docile come appare nei vari documentari mi ha risposto:" chi,barba bianca?? Ma quando mai"!!! :)

Re: Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio

Inviato: sab nov 03, 2018 10:33 am
da MarcoBiancardi
Un autore che ammiro anch’io, davvero un maestro nell’uso della luce.

Re: Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio

Inviato: mer apr 17, 2019 11:02 am
da Robbie McIntosh
Mimmo Jodice è uno di quei mostri sacri che mi lascia interdetto.
Ammiro profondamente i lavori che fece negli anni settanta, specialmente il reportage fatto sull'ex manicomio Leonardo Bianchi. Poi ha lavorato sempre più di fino, e l'impegno ha lasciato il posto ad una ricerca via via sempre più formale, nella pretesa che questa conti più della sostanza. Ma questa è solo la mia opinione.
Spesso mi capita di vederlo passeggiare con la sua consorte, ma non ho mai avuto il coraggio (o la voglia) di fermarlo per scambiare due parole.

Re: Mimmo Jodice - Anfiteatro Flavio

Inviato: mer apr 17, 2019 11:56 am
da Carlo Riggi
Non so Robbie, questa tua considerazione su forma e sostanza mi riporta un po' agli anni '70, quando sembrava che l'arte avesse una missione rivoluzionaria e questa dovesse essere espletata attraverso il racconto dei fatti (allora i cantautori erano di sinistra o di destra secondo che parlassero di disagi sociali o di amore).
Io pure penso che l'arte abbia una funzione rivoluzionaria, trasformativa, terapeutica, ma questa si esplica ugualmente attraverso le sue modalità espressionistiche e quelle più impressionistiche, informali o astratte.
La forma è sostanza. E anche la non-forma, se ricercata con consapevolezza, per me, lo è.