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Nadav Kander - The Long River

Inviato: dom ott 21, 2018 3:22 pm
da Carlo Riggi
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Nadav Kander - Yangtze, Chongqing Municipality, 2007

Nadav Kander è nato in Israele, ha vissuto per lungo tempo in Sudafrica, per poi trasferirsi definitivamente a Londra. Ho l’impressione che questa varietà di scenari abbia influenzato non poco il suo eclettismo fotografico.
Oggi Kander è conosciuto soprattutto per i suoi ritratti (ha ripreso praticamente ogni grande della terra, politici, cantanti, stilisti, attori – meraviglioso il low-key di Sofia Loren), ma io l’ho amato soprattutto per le prime immagini, pubblicate nel volume “Beauty's Nothing”, del 2000, dove accanto a qualche ritratto c’era una serie di fotografie per me all’epoca sorprendenti. Fotografie in cui “non succedeva nulla”. Una vera rivoluzione copernicana per me, ancora intriso del mito bressoniano: dove lì era l’attimo decisivo, qui era la persistente immobilità. La stessa foto avrebbe potuto essere scattata minuti prima o dopo, anche ore o giorni, non sarebbe cambiato nulla. Quella era l’impressione, almeno.
La fotografia che ho deciso di pubblicare appartiene a una fase successiva, legata a una serie di viaggi esplorativi. Il suo reportage continua a essere perfettamente riconoscibile proprio per la cifra di apparente atemporalità. Immagini sospese in uno spazio che, pur profondamente radicato nella realtà, apre direttamente all’immaginario onirico, un corridoio per me particolarmente attraente.
Yangtze, Chongqing Municipality, 2007 è contenuta nel volume The Long River, del 2010, che raccoglie il reportage sul fiume cinese Yangtze, durante la costruzione di imponenti architetture. Il fiume è utilizzato da Kander come metafora per descrivere il cambiamento frenetico, a volte incoerente e confuso, della Cina moderna.
Le fotografie sono dominate da immense strutture architettoniche in cui gli esseri umani sembrano piccoli e residuali ospiti capitati per caso, intenti alle loro occupazioni, come se attorno continuassero a essere attorniati solo dall'acqua e dalle montagne, come per secoli è stato, e non da questi immensi mostri d’acciaio che ne stravolgeranno per sempre la vita.
Anche in questa immagine sembra tutto fermo. Il senso del progresso rapido e inarrestabile muove dentro di noi fruitori come una intuizione a posteriori, mentre gli occhi restano incollati a quelle minuscole presenze di vita immerse in un lattiginoso paesaggio, tra l’amniotico e il postatomico.
Cito Nadav Kander: "Le fotografie sono una risposta emotiva a ciò che ho visto, ho dato loro dei titoli semplici in modo che gli spettatori siano incoraggiati a rispondere soggettivamente prima di cercare i fatti".
Non credo sia un caso che mi sia tornata alla mente questa immagine. La dedico alla speranza di tutti gli italiani che il progresso spinga davvero in alto la qualità delle nostre vite, e che il tempo della nostra amata Genova torni presto ad essere quello pacifico della vita normale, senza sussulti e senza ansie.